Primo Maggio senza cortei. I sindacati: “Situazione ancora difficile, fiducia nei vaccini”

Il
Primo Maggio come specchio della situazione di un paese ancora
attanagliato dalla morsa della pandemia. Dopo lo stop imposto dal
lockdown nel 2020, la Festa dei lavoratori vedrà  un ritorno in forma
ridotta dei sindacati nelle piazze del Friuli Venezia Giulia, con
iniziative a Trieste(piazza Unità  dalle 10,45), Cervignano (piazza Indipendenza dalle 10)Pordenone (piazza Maestri del Lavoro, ore 10.15), il tutto senza cortei e con presenze contingentate.
RESPONSABILITÀ
E RISPETTO.
«Questo modo di celebrare il Primo Maggio non è soltanto
una doverosa dimostrazione di responsabilità , ma anche un segnale di
rispetto nei confronti delle vittime, di chi è ricoverato, di chi lotta
contro la malattia o è tuttora pesantemente penalizzato dalla pandemia
sotto il profilo del lavoro e del reddito». Queste le parole dei
segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, Villiam Pezzetta, Alberto Monticco e Mauro Franzolini,
che danno appuntamento nelle piazze al 2022 ai lavoratori e ai
pensionati. «Questa giornata ““ aggiungono ““ sarà  l’occasione per un
ringraziamento silenzioso che va in primis ai lavoratori in prima linea
contro il virus, a partire da quelli della sanità  e dell’assistenza, ma
senza dimenticare il contributo di quelli del commercio, dei trasporti,
del manifatturiero e dei servizi, e i tanti, troppi lavoratori ancora
fermi perché impegnati in settori chiusi o fortemente penalizzati dal
virus che guardano con preoccupazione alla fine del blocco dei licenziamenti e rivendicano con forza, attraverso i sindacati, continuità  di sostegno e protezione».
LE
SERRANDE ALZATE.
Ed è proprio «per un senso di rispetto nei confronti
dei lavoratori» che i sindacati «comprendono ma non condividono» la deroga alle chiusure festive
promossa e sostenuta dalle organizzazioni imprenditoriali del
commercio. «È vero ““ dichiarano Pezzetta, Monticco e Franzolini ““ che
parliamo di settori che hanno patito lunghi periodi di chiusura e che
sperano in una boccata di ossigeno, ma è altrettanto vero che esiste il
rischio di dare messaggi sbagliati, una sorta di “libera tutti” in una
situazione ancora delicata dal punto di vista dei contagi. Se davvero
l’intento era quello di premiare i più colpiti dalle restrizioni, si
sarebbe potuto pensare di concedere una giornata di stop ai lavoratori
della distribuzione alimentare, che non si sono mai fermati».
CONTAGI E VACCINI. Una ventata di fiducia, intanto, arriva dai dati sui contagi sul lavoro. Dopo una esponenziale impennata coincisa con la seconda ondata, e che ha visto circa 2.600 lavoratori contagiati tra novembre e gennaio, il bilancio della terza ondata si attesta finora su numeri molto più bassi, i 200 casi denunciati a febbraio e marzo. «Dato destinato forse a salire ““ commentano i segretari”“ ma che dimostra in modo chiaro l’effetto positivo dei vaccini, tanto
più se si considera che i due terzi dei 4mila lavoratori
complessivamente contagiati appartengono ai settori della sanità  e
dell’assistenza (in allegato i dati), i primi a essere vaccinati». Da
qui l’auspicio di una «forte accelerazione della campagna, sia in
termini di forniture che di potenziamento della macchina pubblica, anche
con il contributo fondamentale dei medici di base, che va esteso a
tutto il territorio, e dei soggetti privati, a partire da associazioni
imprenditoriali e sindacati, che forti dei protocolli siglati possono
dare una spinta a un’adesione massiccia tra i lavoratori, sia pure nel
pieno rispetto delle libertà  e dei diritti individuali».
RIPARTIRE. Se la spinta dei vaccini sarà  fondamentale, il
vero volano della ripartenza per l’economia e l’occupazione, per i
sindacati, saranno gli investimenti pubblici e privati, «dal recovery
plan del Governo alle misure che la Regione metterà  in campo
per
sostenere quegli interventi strategici che non possono o possono
beneficiare solo in parte dei fondi europei e nazionali, fino a quegli investimenti delle imprese,
che hanno potuto e possono contare, per far fronte alla pandemia, su
un’eccezionale disponibilità  di fondi, da impiegare nell’economia reale e
per creare buona occupazione, puntando in primis al rilancio di quel manifatturiero che resta l’asse portante dell’economia regionale».